Il gruppo terapeutico
a cura della Dott.ssa Francesca Martinelli
Il gruppo terapeutico
Tratto da “Prendere il gruppo sul serio”
di Farhad Dalal
Un considerevole numero di persone, non riesce ad immaginare da dove possa provenire l’elemento terapeutico quando si mette insieme un gruppo di individui, ciascuno con le proprie difficoltà. Molte fonti ci hanno dimostrato che l’ordine nasce spontaneamente dal caos; in altre parole, il gruppo tenderà da sé a funzionare come insieme e a diventare produttivo. Il “funzionamento” del gruppo come insieme non sarà né inevitabile né lineare, in quanto è destinato a subire costanti disturbi da più parti. Quello che possiamo dire agli scettici è che l’elemento terapeutico in un gruppo si fonda si un impulso “naturale” presente in ogni essere umano, il profondo bisogno di appartenenza che, per essere soddisfatto, richiede che si trovi il modo per funzionare insieme. E’ importante sottolineare che il processo per arrivare al punto in cui si funziona insieme, al punto di arrivo dell’appartenenza, è in sé la terapia.
Una delle conseguenze del prendere sul serio il gruppo, nel senso di includere il sociale nella costruzione degli individui, è che l’ambito clinico ha bisogno di espandersi per coinvolgere nuovi territori, ad esempio includendo il sociale nell’esame della psiche condotto nell’ambito del setting clinico, il che significa cercare il sociale nell’inconscio. Sappiamo che esistono alcune parole utili ai fini di questo progetto, parole quali classe, storia, oppressione, genere, razza o altre. Parole che oggi vengono utilizzate, secondo il mio pensiero, in modo del tutto inadeguato, all’origine delle quali si configurano i conflitti tra individui e gruppi. Condivido il pensiero di Dalal secondo cui la parte più complicata del prendere il “gruppo sul serio”, è trovare un nuovo modo di pensare, un nuovo modo di visualizzare i processi di gruppo. Il problema è che è molto più facile visualizzare l’individuo piuttosto che il gruppo. Una particella, un individuo, ha dei confini e appare finita. La cogliamo con lo sguardo (almeno la immaginiamo) nella sua interezza, ne vediamo l’inizio e la fine. Questo ci permette di formulare con maggiore facilità pensieri su di lui, di porlo in relazione ad altro. Al contrario, un campo, il gruppo, può essere molto più amorfo, è un continuum in costante fluttuazione senza che se ne intraveda una fine.