Quando la parola si fa azione: “il corpo nella psicoterapia di gruppo”
A differenza di altri approcci terapeutici applicati al setting gruppale, lo psicodramma apre la strada all’integrazione tra la “terapia della parola” e l’espressione non verbale dei vissuti restituendo una significativa valenza terapeutica al corpo, al movimento, all’azione (Boria, 2003). Sebbene non sia interessato al setting di gruppo, la visione di Jung circa la centralità della drammatizzazione delle immagini oniriche è fondamentale per lo sviluppo dello psicodramma. Jung (1976) concepisce il sogno come un vero e proprio teatro, attribuendo al sognatore le funzioni di attore, regista, autore, pubblico e scena stessa. Inoltre, egli postula l’esistenza, all’interno dell’inconscio collettivo, di molteplici relazioni tra personaggi e ruoli di un mondo interiore, immaginandolo come il luogo in cui scorrono informazioni, segreti, rappresentazioni mentali inconsapevoli che influenzano l’individuo e il gruppo. Nella concezione junghiana, infatti, tutto ciò che si muove nell’inconscio può essere compreso secondo una logica teatrale:
“Se lo spettatore capisce che è il suo stesso dramma che si sta rappresentando sul palcoscenico interiore non può restare indifferente alla trama o al suo scioglimento, si accorgerà via via che gli attori si succedono, e che l’intreccio si complica, che … è l’inconscio che si rivolge.. a lui e fa sì che queste immagini di fantasia gli appaiono davanti. Si sente
perciò costretto, o è incoraggiato dal suo analista, a prendere parte alla recita” (Hillman, 1983).
La condivisione del materiale onirico dunque consente una comprensione che non si colloca esclusivamente su un piano razionale, poiché la presentificazione della scena onirica induce una significativa attivazione della dimensione affettiva.
Azione e parola nella psicoterapia di gruppo
Il sociodramma e lo psicodramma di Moreno, la teoria del Campo e la dinamica di gruppo di Lewin, il confine di contatto nel qui ed ora e la relazione io/altro di Perls, come terapie “dell’azione”, la filogenesi di Burrow, la gruppoanalisi di Foulkes, gli sviluppi postmoderni della terapia di gruppo e della Group Analytic Society, come terapie “della parola”, pur avendo degli aspetti teorici e metodologici completamente differenti, spesso opposti, condividono l’importanza di inserire l’individuo nel suo contesto, nel suo campo o spazio di vita, nella relazione con l’altro o confine di contatto, nel qui ed ora dell’esperienza, nei gruppi di appartenenza o nel gruppo transgenerazionale e sociale, nel conflitto individuo/gruppo. Inserire l’individuo nel suo contesto permette di comprendere e di dare senso al suo comportamento, alle sue emozioni, ai suoi vissuti, alle sue difficoltà, ai suoi blocchi e alle sue psicopatologie. Per utilizzare le parole di Foulkes:
“ inserire l’individuo nel gruppo permette di creare il terreno condiviso comune che alla fine determina il senso e il significato di tutti gli eventi su cui tutte le comunicazioni e interpretazioni verbali e non verbali si basano” (Foulkes, pag.42).
Nel gruppo e nelle terapie di gruppo, sia in quelle che prediligono l’azione e sia in quelle che prediligono la parola, la circolarità rende il corpo e il non verbale manifesto e parte integrante del processo terapeutico. Forse è proprio questa una rivoluzione epistemologica che la terapia di gruppo compie rispetto alle terapie individuali, dove
il corpo rimane a mezzo busto e “tagliato” a metà. I riferimenti al corpo, alla postura, all’espressione sono molto frequenti all’interno delle dinamiche di gruppo ed al suo processo terapeutico. I nostri corpi non sono solamente biologici: non c’è gesto o atteggiamento che non abbia un significato sociale. Il corpo acquista il valore di veicolo espressivo e sociale. Come dice Bourdieu il corpo conosce le cose e ci conduce al trauma ad al conflitto. Il corpo deve diventare parola, bisogna trovare
Le parole per dirlo come intitolava il suo romanzo Marie Cardinal, e la parola deve diventare corpo, affinchè il processo psicoterapeutico sia efficace. Forse l’inconscio e il conflitto si manifestano proprio in questo luogo, nel qui ed ora della vita, quando il corpo e la parola non coincidono. Quando questo accade la parola diviene un contenuto razionale ed intellettuale vuoto, mentre il corpo ha un movimento ed un’azione ripetitiva senza significato, creando una costellazione di difese, resistenze, paure e blocchi: la corazza descritta da W. Reich in Analisi del carattere.